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Dichiarazioni tardive: la responsabilità dei commercialisti

In quali sanzioni incorre il professionista che trasmette in ritardo la dichiarazione dei redditi? Come eventualmente rimediare? In prossimità della scadenza del 31 ottobre ripercorriamo in questo articolo i profili sanzionatori in capo agli intermediari abilitati che inviano tardivamente oppure omettono l’invio delle dichiarazione dei redditi/sostituti d’imposta dei propri clienti.

In presenza di un incarico tempestivamente conferito, gli intermediari abilitati che trasmettono tardivamente le dichiarazioni sono soggetti alla sanzione pecuniaria da 516 euro a 5.164 euro (ex art. 7-bis del D.Lgs. 241/1997). La sanzione è dimezzata se la trasmissione avviene nei trenta giorni successivi la scadenza (art. 7 comma 4-bis del DLgs. 472/97). Si tratta di una sanzione propria imputabile agli intermediari abilitati a cui si aggiungono quelle che possono essere irrogate ai contribuenti per effetto della tardività o dell’omissione dichiarativa. Si ritiene applicabile l’azione di responsabilità di matrice civile da parte del contribuente nei riguardi del professionista per le sanzioni imputabili alla tardività/omissione dei modelli dichiarativi.

E’opportuno precisare i seguenti casi particolari:
– Se la dichiarazione è trasmessa da uno studio associato, la sanzione viene irrogata nei confronti del professionista iscritto all’apposito Albo che ha assunto l’incarico per la trasmissione (Circ. ADE n. 11/E/2008);
– la sanzione a carico dell’intermediario non opera se le dichiarazioni tempestivamente trasmesse, ma scartate dall’Amministrazione, vengono correttamente ritrasmesse entro 5 giorni dalla data di restituzione delle ricevute che segnalano il motivo di scarto;
– le dichiarazioni consegnate agli intermediari oltre il termine per la presentazione in via telematica sono inviate entro un mese dalla data contenuta nell’impegno di trasmissione. Non sono previste sanzioni in capo all’intermediario purché la trasmissione avvenga entro un mese dall’accettazione dell’incarico facendo riferimento alla data presente nel frontespizio;
– la trasmissione delle dichiarazioni integrative non comportano alcuna sanzione in capo all’intermediario in quanto si è fuori dall’ambito applicativo dell’art. 7-bis del del D.lgs. posto che una dichiarazione è già stata presentata.

La natura tributaria delle violazioni in oggetto rende applicabile il ravvedimento operoso, anche se le posizioni tra Agenzia delle Entrate e dottrina divergono.
Per l’Agenzia delle Entrate, l’intermediario può fruire del ravvedimento se i relativi adempimenti (dichiarazione e versamento della sanzione ridotta) vengono posti in essere entro 90 giorni dal termine di scadenza per la dichiarazione versando la sanzione di:
– euro 258,00 con riduzione a 1/10 del minimo se il ritardo non supera i 30 giorni (25,00 euro a dichiarazione tardiva);
– euro 516,00 con riduzione a 1/10 del minimo se il ritardo è compreso tra i 31 giorni e i 90 giorni (51,00 euro a dichiarazione tardiva).
Oltre i 90 giorni, secondo l’Agenzia, per il contribuente non è possibile avvalersi del ravvedimento.

Secondo l’interpretazione maggiormente plausibile, posto che le sanzioni in commento sono inquadrabili da quelle comminate dall’Agenzia, si ritiene applicabile il ravvedimento senza limitazioni temporali, con riduzione della sanzione da 1/9 del minimo a 1/5 del minimo, in quanto si ritengono applicabili anche le lettere da a-bis) a b-quater) dell’art. 13 comma 1 del DLgs. 472/97).

Si supponga, per esempio, che il commercialista provveda ad inviare tardivamente un file contenente dieci dichiarazioni dei redditi e 770 il 30 novembre prossimo. In questa ipotesi le violazioni sono dieci e applicando il cumulo materiale la sanzione da versare con codice tributo 8924 ammonta a euro 25 per ogni dichiarazione per un importo complessivo di euro 250 (dimezzamento della sanzione di euro 516 pari a euro 258, con riduzione a un decimo, quindi euro 25). La trasmissione del file con le dieci dichiarazioni oltre il 30simo giorno fino al 90simo giorno (29 gennaio 2018) comporta la sanzione per l’intermediario pari euro 510 (euro 51 per ogni dichiarazione per il numero delle dichiarazioni).

E’ il caso di tener conto che se vengono commesse diverse violazioni (trasmissione tardiva di un file contenente più dichiarazioni, così come di diversi file), per la Cassazione non ci sono dubbi sull’operatività, senza limitazioni, del cumulo giuridico di cui all’art. 12 del DLgs. 472/97 (Cass. 21 febbraio 2017 n. 4458, Cass. 24 marzo 2017 n. 7661) nonché della definizione agevolata. Secondo tale insegnamento, l’invio tardivo di cinque file contenenti cento dichiarazioni si risolve con il pagamento di una sanzione così determinata:
– aumento di un quarto della sanzione, quindi euro 516 + ¼ diventa euro 645 (cumulo giuridico);
– euro 645 moltiplicato 5 (numero dei file) diventa euro 3.225 (cumulo materiale);
– applicazione definizione agevolata che prevede la riduzione a un terzo di euro 3.225 che porta così la sanzione complessiva a euro 1.075.

Accanto all’ovvia considerazione di inviare, in caso di tardività, con un unico file quante più dichiarazioni possibili, si tenga presente che il cumulo giuridico e la continuazione non sono istituti giuridici nella disponibilità del contribuente in quanto postulano valutazioni di competenza esclusiva degli uffici.

Crediti da dichiarazione integrativa a favore con obbligo di compensazione verticale

Una delle novità più significative riguardanti il modello di dichiarazione dei redditi è costituita dalla possibilità di recuperare i maggiori crediti relativi alla presentazione di una dichiarazione integrativa a favore oltre il termine lungo dell’anno. Ecco alcune indicazioni operative sul tema.

È una novità introdotta dall’art. 5 del D.L. n. 193/2016 che regolamenta la dichiarazione integrativa a favore anche oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo. Il credito risultante è utilizzabile in compensazione per eseguire il versamento di debiti maturati a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui la dichiarazione integrativa è presentata: per esempio i crediti risultanti dalle dichiarazioni integrative ultra annuali che sono state presentate dal 24 ottobre, data di entrata in vigore del decreto, al 31 dicembre 2016 sono fruibili a partire dal 1° gennaio 2017.
Occorre tuttavia evidenziare che le istruzioni per la compilazione delle dichiarazioni impongono, senza che le disposizioni normative prevedano alcun vincolo al riguardo, di utilizzare preventivamente il credito risultante in compensazione verticale creando non pochi problemi agli operatori.

Nelle dichiarazioni dei redditi relative a tutte le tipologie di contribuenti è stato inserito il nuovo “quadro DI” che svolge l’importante funzione di segnalare l’esistenza di una dichiarazione integrativa a favore presentata oltre l’anno. Prendendo in considerazione il modello redditi persone fisiche, nel “quadro DI” vanno indicati:

– il codice tributo relativo al credito derivante dalla dichiarazione integrativa (per esempio 4001 relativamente all’iRPEF);
– l’anno relativo al modello utilizzato per la dichiarazione integrativa (ad esempio 2013 per la dichiarazione integrativa UNICO 2014);
– il credito derivante dal minor debito o dal maggior credito risultante dalla dichiarazione integrativa per i casi di integrazione di “errori contabili di competenza”;
– il credito risultante dalla dichiarazione integrativa (comprensivo di quello di cui al punto precedente) per la quota non chiesta a rimborso.
Se nel 2016 sono state presentate più dichiarazioni integrative relative a differenti periodi d’imposta occorre compilare un distinto rigo per ciascun codice tributo e relativo periodo d’imposta.
Il quadro in commento permette di creare un collegamento tra l’integrativa a favore ultrannuale e la dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale l’integrativa è stata presentata. Tuttavia, sia nelle istruzioni al quadro DI che in quelle relative al quadro RN del modello Redditi 2017, con riferimento all’eventuale saldo si dice che se è stato compilato almeno un rigo del quadro DI con il codice tributo 4001 (IRPEF) oppure 2003 (IRES), l’importo da riportare nel quadro RX deve essere preventivamente diminuito del credito indicato nel quadro DI.

Di conseguenza, nella compilazione del quadro DI, l’importo del credito evidenziato viene prioritariamente destinato a compensare l’eventuale saldo Ires/Irpef a debito del 2016 (compensazione verticale). Solo successivamente l’eventuale credito residuo diviene liberamente utilizzabile.

Ad esempio se il debito IRPEF risultante dal RN del modello redditi è pari a € 4.000 e il credito di cui al quadro DI è pari a € 3.000, nel quadro RX deve essere indicato un debito IRPEF pari a € 1.000 al netto della compensazione verticale. Stando alle istruzioni non sarebbe possibile utilizzare il predetto credito in compensazione orizzontale con altri tributi e versare in misura piena il debito risultante in sede di dichiarazione.

Si possono così verificare due situazioni:
il contribuente non ha ancora utilizzato il credito nascente dalle integrative ultra annuali: la compensazione obbligatoria dettata dalle istruzioni rappresenta la prima occasione utile per utilizzare il credito;
il contribuente ha già impiegato il credito in compensazione, ad esempio per l’Iva mensile o trimestrale del 2017 o per la prima rata Imu e Tasi del 16 giugno scorso. In questo caso, i contribuenti si ritroveranno di fronte al fatto che il programma di compilazione della dichiarazione effettua la compensazione del credito evidenziato nella quadro DI con il saldo Ires/Irpef a debito per il 2016, ancorché lo stesso sia già stato precedentemente impiegato. In questo caso il contribuente deve annullare la compensazione versando l’imposta precedentemente compensata.

Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN

Professionisti e imprese: dal 2017 arrivano gli ISA

Per gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni arrivano gli ISA (indici sintetici di affidabilità fiscale) che sostituiranno progressivamente gli studi di settore e i parametri contabili. Ecco per voi una sintesi delle caratteristiche e delle conseguenze operative di questa novità.

La disposizione è contenuta nell’art. 9-bis del DL 50/2017, è entrata in vigore dal 24 giugno 2017 e sarà pienamente operativa relativamente al periodo d’imposta 2017. La principale differenza rispetto agli studi di settore sta nel fatto che, mentre questi ultimi nacquero come strumento di accertamento dei contribuenti medio/piccoli e con caratteristiche standardizzate (commercianti, artigiani, eccetera), gli ISA rappresentano, essenzialmente, uno strumento di compliance e di selezione dei contribuenti da assoggettare a verifica con gli strumenti tradizionali.

Gli indici sono elaborati con una metodologia basata su analisi di dati e informazioni relativi a più periodi d’imposta (le prime indiscrezioni indicano 8 anni) e rappresentano la sintesi di indicatori elementari tesi a verificare la normalità e la coerenza della gestione aziendale o professionale, anche con riferimento a diverse basi imponibili. All’applicazione degli ISA fa seguito un giudizio di affidabilità fiscale del contribuente, espresso su una scala da 1 a 10.

Il grado di affidabilità è rilevante:

  • ai fini dell’accesso al regime premiale;
  • per la definizione di specifiche strategie di controllo basate su analisi del rischio di evasione fiscale.

Il procedimento di approvazione, integrazione e revisione degli ISA è analogo a quello previsto per gli studi di settore e si fonda sui seguenti passaggi:

  1. approvazione: gli indici sono approvati con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze entro il 31 dicembre del periodo d’imposta per il quale sono applicati;
  2. integrazioni: dopo l’approvazione, gli indici possono essere integrati al fine di tener conto di situazioni di natura straordinaria, anche correlate a modifiche normative e ad andamenti economici e dei mercati, con particolare riguardo a determinate attività economiche o aree territoriali;
  3. revisione: gli indici sono soggetti a revisione almeno ogni due anni dalla loro prima applicazione o dall’ultima revisione.

I contribuenti cui si applicano gli indici di affidabilità fiscale dichiarano, anche al fine di consentire un’omogenea raccolta informativa, i dati economici, contabili e strutturali rilevanti per l’applicazione degli stessi, indipendentemente dal regime di determinazione del reddito utilizzato. La raccolta di dati avverrà a mezzo programmi informatici di ausilio alla compilazione e alla trasmissione dei dati.

Gli indici non si applicano ai periodi d’imposta nei quali il contribuente:

  • ha iniziato o cessato l’attività;
  • non si trova in condizioni di normale svolgimento dell’attività;
  • dichiara ricavi di cui all’art. 85 co. 1, esclusi quelli di cui alle lett. c), d) ed e), o compensi di cui all’art. 54 co. 1 del TUIR di ammontare superiore al limite che sarà stabilito dal decreto di approvazione o revisione degli indici.

Ulteriori cause di esclusione possono essere previste con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze.

Per migliorare il profilo di affidabilità funzionale all’accesso al regime premiale, i contribuenti possono indicare in dichiarazione ulteriori componenti positivi, non risultanti dalle scritture contabili. Tali componenti rilevano ai fini IRPEF/IRES, IRAP e IVA, nel senso che su tali maggiori importi vanno calcolate e versate le imposte indicate. La dichiarazione di componenti ulteriori non comporta l’applicazione di sanzioni ed interessi a condizione che le maggiori imposte siano versate entro il termine di versamento del saldo delle imposte dirette, con facoltà di versamento rateale.

Il regime premiale connesso all’applicazione degli ISA consiste nel riconoscimento di precisi benefici fiscali in relazione ai diversi livelli di affidabilità raggiunti dal contribuente, anche per effetto dell’indicazione di ulteriori componenti positivi in dichiarazione. I benefici riguardano:

  • l’esonero dall’apposizione del visto di conformità per la compensazione di crediti per un importo non superiore a 50.000,00 euro annui relativamente all’IVA e per un importo non superiore a 20.000,00 euro annui relativamente alle imposte dirette e all’IRAP;
  • l’esonero dall’apposizione del visto di conformità ovvero dalla prestazione della garanzia per i rimborsi IVA di importo non superiore a 50.000,00 euro annui;
  • l’esclusione dell’applicazione della disciplina delle società non operative e in perdita sistematica;
  • l’esclusione degli accertamenti basati sulle presunzioni semplici di cui agli artt. 39 co. 1 lett. d) secondo periodo del DPR 600/73 e 54 co. 2 secondo periodo del decreto del DPR 633/72 (lett. d);
  • l’anticipazione di almeno un anno, con graduazione in funzione del livello di affidabilità, dei termini di decadenza per l’attività di accertamento (artt. 43 co. 1 del DPR 600/73 e 57 co. 1 del DPR 633/72), con riferimento al reddito d’impresa e di lavoro autonomo;
  • l’esclusione della determinazione sintetica del reddito complessivo (art. 38 del DPR 600/73), a condizione che il reddito complessivo accertabile non ecceda di due terzi il reddito dichiarato. I benefici relativi all’esclusione dalla disciplina delle società di comodo, alla riduzione dei termini di accertamento e all’esclusione/limitazione da alcune forme di accertamento non operano in caso di violazioni che comportano l’obbligo di denuncia penale per uno dei reati previsti dal D.Lgs. 74/2000 (art. 9-bis co. 13 del DL 50/2017).

I benefici applicabili in relazione ai diversi livelli di affidabilità fiscale saranno definiti, anche con riferimento alle annualità pregresse, con provvedimento dell’Agenzia delle Entrate che prevederà, inoltre, la differenziazione dei termini di accesso ai benefìci in relazione al tipo di attività.

Modello 730/2017: TFR in busta paga e cedolare secca. Le implicazioni per il bonus 80 euro

Ai contribuenti che possiedono redditi di lavoro dipendente e alcuni redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, ricorrendo determinate condizioni, è riconosciuto un credito d’imposta di 80 euro mensili pari a 960 euro annui (c.d. bonus Renzi). Ne ripercorriamo gli aspetti salienti ai fini della compilazione del modello 730.

Innanzitutto va precisato che il bonus Renzi è un beneficio spettante se:

  • l’imposta lorda afferente il lavoro dipendete risulta superiore alle relative detrazioni per lavoro dipendente;
  • il reddito non supera i 26.000 euro.

Il bonus 80 euro è un beneficio economico a regime (art. 1, co. 12-15 della L. n. 190/2014 Legge di Stabilità 2015) da riconoscere mensilmente in busta paga ai lavoratori titolari di redditi di lavoro dipendente e di alcune categorie di redditi assimilati (per esempio compensi percepiti dai lavoratori soci delle cooperative, somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio, premio o sussidio per fini di studio o addestramento professionale, redditi derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, compensi per lavori socialmente utili in conformità a specifiche disposizioni normative).

Restano esclusi dall’aiuto economico:

  • gli incapienti (coloro che guadagnano meno 8.000 euro annui), in quanto non pagano l’Irpef grazie alle detrazioni da lavoro dipendente;
  • i pensionati;
  • i contribuenti con redditi diversi da lavoro dipendente.

L’importo del “Bonus Renzi” è fisso (960 euro annui) e viene erogato:

  • in misura piena nella fascia tra gli 8.000 e i 24.000 euro di reddito annuo;
  • in misura ridotta applicando il c.d. “meccanismo di décalage”, se il reddito si colloca tra i 24.000 euro e i 26.000 euro. La riduzione dell’aiuto si ottiene mediante l’applicazione della seguente formula: 960 x [(26.000 – reddito complessivo) /2.000].

L’agevolazione deve essere rapportata al periodo di lavoro nell’anno e:

  • sarà riconosciuto per intero (960 euro) a chi ha lavorato tutto l’anno;
  • sarà proporzionato a tale periodo per chi ha lavorato per un periodo inferiore ai 12 mesi.

L’agevolazione spetta a condizione che l’Irpef lorda calcolata sui redditi di lavoro dipendente sia superiore alle detrazioni da lavoro dipendente. È necessario precisare che non rileva la circostanza che l’imposta lorda generata dai redditi da lavoro dipendente o assimilato sia ridotta o azzerata per effetto di detrazioni diverse da quelle da lavoro dipendente. In altri termini il fatto che un lavoratore non paghi l’Irpef non è di per sé motivo di esclusione dal beneficio. Per esempio: il contribuente che dichiara 12.000 euro riceve comunque i 960 euro anche se non paga Irpef perché il coniuge e figlio a carico risultano a carico oppure gode di spese sanitarie o di recupero edilizio detraibili.

L’importo del credito viene riconosciuto dal sostituto d’imposta che provvede a certificarlo nella CU/2017. Le varie circostanze trovano spazio nella sottosezione “Credito Bonus Irpef”:

credito-bonus-irpef

Il TFR in busta paga rappresenta un importo che può indurre in errore il contribuente oppure condizionare la determinazione della spettanza del bonus 80 euro. Tuttavia, il reddito derivante dalla liquidazione del TFR in busta:

  • deve comunque essere sommato ai redditi di lavoro tassati in via ordinaria per la verifica della capienza dell’imposta lorda determinata sui redditi da lavoro rispetto alle detrazioni da lavoro spettanti. Ciò può far sorgere, in capo a soggetti prima incapienti, il diritto a percepire il bonus, fino a quel momento negato;
  • non deve essere considerato nel computo del reddito da lavoro dipendente ai fini della verifica del requisito reddituale.

Mentre ai fini della condizione di capienza l’importo della quota TFR in busta viene ricompreso nel reddito di lavoro dipendente, ai fini della verifica del requisito reddituale è di particolare importanza l’indicazione della quota TFR in busta paga nel relativo campo del modello 730/2017. Solo così l’aiuto economico viene determinato correttamente nel suo ammontare oppure viene riconosciuto in quanto ai fini della verifica del requisito reddituale e della determinazione del bonus occorre sottrarre l’importo della quota TRF in busta paga dal reddito da lavoro dipendente.

SezioneV-bonus-irpef

Il caso opposto si verifica quando il contribuente risulti titolare di redditi da fabbricati assoggettati a cedolare secca. A questo proposito si precisa che tale tipologia di reddito, pur non essendo compreso nel reddito complessivo, rileva ai fini del calcolo del bonus.

Chi presta assistenza fiscale provvederà a ricalcolare l’importo del bonus e a riconoscere solo quello effettivamente spettante, recuperando l’eventuale differenza, oppure a recuperarlo integralmente, nel caso in cui non spetti affatto. È il caso di segnalare, infine, che attraverso la compilazione del 730 è anche possibile ottenere il bonus quando il datore di lavoro non riveste la qualifica di sostituto d’imposta (per esempio datori di lavoro privati di colf, badanti, giardinieri) oppure se, per una qualsiasi ragione non l’ha riconosciuto in busta paga.

Detraibilità canoni di affitto per gli imprenditori agricoli

Nella corposa circolare n. 7/2017 del 4 aprile scorso l’Agenzia delle Entrate fornisce una serie di chiarimenti sulle disposizioni riguardanti ritenute, oneri detraibili, deducibili e crediti di imposta. In questo articolo ci soffermiamo sulla detrazione relativa ai canoni per l’affitto dei terreni agricoli condotti da giovani imprenditori agricoli.

Si tratta di una misura di favore verso il mondo dell’agricoltura introdotta a partire dal periodo d’imposta 2014 dal “decreto competitività” (D.L. 91/2014 convertito in L. n. 116/2014) che prevede un’interessante detrazione Irpef per giovani agricoltori in relazione ai terreni agricoli condotti in affitto. Il citato decreto ha inserito all’art. 16 del Tuir il comma 1-quinquies riconoscendo una nuova detrazione ai fini Irpef pari al 19% delle spese sostenute per i canoni di locazione di terreni agricoli condotti da coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali (IAP) iscritti nell’apposita gestione previdenziale agricola e di età inferiore a 35 anni.

L’imprenditore agricolo professionale e il coltivatore diretto sono due figure giuridiche disciplinate dall’ordinamento nei seguenti termini:

  1. È definito coltivatore direttoil piccolo imprenditore che svolge attività agricola, organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e della propria famiglia(art. 2083 c.c.) e che si dedica abitualmente alla coltivazione del fondo o all’allevamento del bestiame, sempre che la forza lavorativa totale del nucleo familiare non sia inferiore a 1/3 di quella necessaria per la corretta coltivazione del fondo stesso e per l’allevamento del bestiame”. Egli quindi si dedica direttamente ed abitualmente alla manuale coltivazione dei fondi, in qualità di proprietario, affittuario, usufruttuario, enfiteuta, e/o all’allevamento e attività connesse (artt. 1 e 2 L. 1047/57, come integrati e modificati dalla L. 9/63). La figura in esame deve esercitare l’attività per un periodo non inferiore a 104 giornate annue (art. 3 L. 9/63) facendo fronte autonomamente ad almeno un terzo del fabbisogno lavorativo annuo occorrente per la gestione dell’azienda (art. 2 L. 9/63). È bene ricordare che, qualora la lavorazione del fondo necessitasse di un numero di giornate inferiore a 104, il coltivatore non potrà usufruire della qualifica e del relativo regime previdenziale Inps.
  2. La figura dell’imprenditore agricolo professionale (IAP) è stata introdotta dal D.Lgs. n. 99/04 sostituendo quella dell’Imprenditore Agricolo a Titolo Principale (IATP). In particolare con l’acronimo di IAP si identifica colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali, dedichi alle attività agricole, direttamente o in qualità di socio, il 50% delle proprie ore lavorative e che ricavi dalle stesse almeno il 50% del proprio reddito globale di lavoro. Per i soggetti che operano nelle zone svantaggiate, tale percentuale è ridotta alla metà (25%). La qualifica di IAP può essere riconosciuta anche alle società che abbiano come unico oggetto sociale l’esercizio di attività agricole ai sensi del D.Lgs n. 99/04.

I coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali (IAP) possono godere di una detrazione d’imposta nella misura del 19% delle spese sostenute per il pagamento dei canoni d’ affitto dei terreni agricoli entro il limite di 80 euro per ciascun ettaro preso in affitto e fino ad un importo massimo della detrazione pari a 1.200 euro annui nel rispetto delle seguenti condizioni:

  • sono iscritti nella previdenza agricola;
  • hanno età inferiore ai 35 anni;
  • hanno stipulato il contratto in forma scritta.

L’agevolazione non spetta nel caso in cui il giovane imprenditore agricolo conduca un terreno preso in affitto dai genitori.

In sede di 730/2017 il quadro di riferimento è il campo E82 denominato “detrazione affitto terreni agricoli ai giovani” sotto riportato.

 

affitto-terreni-agricoli

L’importo massimo del canone annuo da indicare è pari a 6.318,00 euro, il cui 19% risulta appunto pari a euro 1.200.

La detrazione in oggetto si qualifica come speciale in quanto nel caso in cui l’importo della detrazione per i canoni di affitto sia superiore all’imposta lorda, diminuita delle detrazioni spettanti per carichi di famiglia (art. 12 del TUIR) e spese di produzione (art. 13 del TUIR), per la quota di detrazione che non ha trovato capienza nell’imposta lorda è riconosciuto un credito d’imposta secondo le modalità definite nel DM 11.02.2008 e risulta immediatamente rimborsabile.

Per esempio: un giovane imprenditore agricolo sostiene spese per canoni di locazione di terreni condotti direttamente per un importo annuo di euro 8.000,00.  Il calcolo teorico della detrazione sarebbe pari ad euro 1.520,00 (8.000 x 19%). In tal caso il contribuente potrà portare in dichiarazione, in detrazione della propria imposta, solo l’importo massimo di euro 1.200,00 a condizione che i canoni siano riferiti ad un’estensione dei terreni di almeno 15 ettari (1.200/80). Diversamente, nel caso in cui gli ettari coltivati siano, ad esempio, solamente 10, egli potrà detrarre al massimo un importo complessivo di euro 800,00 (80 x 10).

Ai fini del controllo della documentazione è necessario verificare e procurarsi:

  1. contratto di locazione redatto in forma scritta;
  2. autocertificazione iscrizione alla gestione separata Inps ex SCAU.